Da decenni ormai è tradizione anticipare le feste con le vetrine ritualmente già addobbate quando non abbiamo ancora neppure sfogliato il calendario alla pagina "dicembre".
Ovunque nel mondo, ad ogni latitudine. Soprattutto nei luoghi e nelle città dove la voce turismo non è così aliena all'economia generale.
Ma a Orbetello no. L'adorabile proverbiale indolenza di noi lagunari si fa notare particolarmente quando si tratta di armarsi di palle, fili e lucine ed addobbare le vetrine dei negozi e delle attività. Specie in centro.
Non ci si scapicolla, diciamo così. Ci si nasconde un po' dietro questa "tradizione" dell'8 dicembre, e spesso si finisce con l'andare persino un po' oltre. Un po' troppo oltre. Con le vetrine in foggia Gustatus per settimane e settimane, coi grappoli d'uva che uno ormai si immagina mosci come le palle del mi' nonno e le bocce di novello che tanto novello non dev'esserlo mica più, pora stella.
Col risultato che ormai sembra di vivere in due realtà parallele: quella dei centri commerciali e della grande distribuzione (ed in tempi più recenti dell'e-commerce) ma anche, appunto, quella di tutte le città a vocazione turistica del globo, da Rio de Janerio a Firenze, da Londra a Bangkok, dove il Natale scintilla a massimo fulgore, senza crucci di risparmio eco-energetico già dall'ormai fatidico appuntamento del Black Friday (ma anche da prima! Già all'indomani di Halloween) ed il bel corso di Orbetello dove invece spesso si sente tirare in ballo questa o quella tradizione religiosa, come se un'attività commerciale fosse la cantina della nonna Cesira dove ci si ritrova per giocare a tombola, come se il salotto buono, il cuore pulsante della città (il centro, appunto) fosse una questione privata, intima, di vocazione confessionale, a giustificazione del fatto che, nonostante a novembre non ci sia esattamente da fare a spintoni per entrare nei negozi, non si trovi il modo di aggeggiare le vetrine in modo che l'intero centro storico sembri più caldo ed accogliente per tutti, almeno dal primo weekend di dicembre. Come se non ci fosse una piccola, velata, non scritta responsabilità nell'occupare uno spazio nel "biglietto da visita" del paese, peraltro con quella che dovrebbe essere una delle parti più gradevoli e creative del possedere un'attività: l'abbellimento, il window displaying.
Chi scrive non ha questa grande esperienza come operatore commerciale nel proprio curriculum, che comunque di sti tempi va benissimo pure taroccato. Però poi uno si chiede: ma questi grandi nomi del franchising, le grandi catene, i grandi brand nazionali ed internazionali che possono contare su uffici marketing micidiali e costosissimi, perchè addobbano così in anticipo? Non ti viene il sospetto che se lo fanno loro allora potrebbe significare che proprio male alla salute non fa?
E bada bene, qui non si parla di luminarie nelle vie e nelle piazze che sono di competenza di istituzioni ed enti, e a loro arbitrio, bensì proprio di vetrine. Di privatissime vetrine. Vetrine private in un pubblico, pubblicissimo contesto.
Come se fosse così complicato chiedersi perchè uno dovrebbe preferire agli addobbatissimi, luminosi, festosi centri commerciali, pure più caldi perchè al riparo dai capricci meteo tipici della stagione e, diciamocelo, pure un po' più economici, il corso d'Orbetello coi grappoli d'uva mosci.
Quando il gioco si fa (più) duro i duri cominciano a giocare. Non a spolverare le bottiglie di novello che languono lì da settimane.
Su, orbetellani! Guardate come siete carini nelle foto qui sotto che vi abbiamo scattato qualche tempo fa: guarda come sembra tutto più allegro e festoso.
E invitante.
Buone feste.
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