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mercoledì 14 novembre 2012
una testimonianza..
Questa l'ha scattata, ormai siamo diventati l’uno l’ombra dell’altro, alle tre del mattino... Palazzetto dello Sport. Da quando come volontari, insieme a così tante altre persone, cerchiamo di essere presenti giorno e notte, nel nostro piccolo e per quello che possiamo dare, sono arrivate all'accoglienza quantità inverosimili di cibo, acqua, provviste, vestiti... la solidarietà degli abitanti del posto è stata straordinaria.
Tutti hanno partecipato e fatto qualcosa, tutti hanno dato il loro piccolo, grande aiuto. Ho conosciuto gente straordinaria, con la quale è stato talmente semplice fare amicizia da non avere nemmeno il tempo di chiedere loro il nome, siamo tutte anime la dentro, anime che aiutano altre anime. Più volte ho trattenuto dentro di me l’amarezza e i singhiozzi, storie atroci, volti segnati dal dolore. L’onda ha portato via tutto, senza avere preferenze per uomini, donne, bambini, anziani, animali.
Non ha guardato in faccia nessuno. Siamo noi a doverli guardare, dritti negli occhi per condividere con loro il dolore, e donare loro calore, umanità, conforto. Fare volontariato in questi tre giorni è stata l’esperienza più dura e allo stesso tempo bella, necessaria, della mia vita. C’è tanto da fare. Intorno ad Orbetello tutto è stato sommerso, spazzato via, non c’è solo un giro di vite che per miracolo sono riuscite a trarsi in salvo, c’è un intera economia già provata da un momento di profonda crisi, che non esiste più.
Campi ed animali da fattoria sono stati portati via. Albinia è in ginocchio, lo stesso per tutto l’hinterland. Io ho deciso di stare al Palazzetto dello Sport, a smistare, mettere a posto, offrire un primo soccorso con panni caldi. C’è metà palazzetto illuminato dove lavoriamo silenziosamente senza spesso renderci ancora conto di cosa sta realmente accadendo, siamo pagliacci col sorriso, non possiamo permetterci la disperazione, dobbiamo piuttosto essere sereni e positivi, spesso al limite della razionalità.
L’altra metà è avvolta nel silenzio e nel buio. E’ dove sono le brande, dove c’è il dolore. Noi volontari attraversiamo la zona d’ombra, tutto è surreale, portiamo coperte, ascoltiamo i racconti, impossibili da raccontare come è impossibile fotografare tutto quello che mi rimarrà dentro per sempre come una cicatrice, che mi ricorderà quanto è facile perdere tutto, ma ancor più donare un sorriso.
Dare agli altri senza pretendere nulla in cambio è la sensazione più bella che possiamo provare. Aiutateci, come non avete mai smesso di fare. Grazie.
Maurizio
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